Yama e Niyama

(…) Già i primi due anga (rami yoga) esposti da Patanjali ci fanno capire di essere di fronte ad un sistema che non dimentica la quotidianità della vita pratica; questi due anga consistono di dieci regole etiche che, se ignorate, vanificano il lavoro spirituale.

Tali regole sono: Yama (astinenze e non divieti come traducono alcuni, perchè la parola divieto contiene in sé concetti di trasgressione e punizione che sono completamente estranei allo yoga) in numero di cinque e Niyama (osservanze) in numero di cinque.

YAMA – Le azioni rispetto agli altri:

AHIMSA – Assenza di violenza. Generalmente questo termine viene tradotto con “non-violenza” ma riteniamo tale traduzione riduttiva. Ahimsa indica una condizione più ampia in cui la violenza è del tutto assente. La violenza non va suscitata né con azioni, né con parole, né con pensieri, ivi comprese le coercizioni di carattere morale.

SATYA – Comportamento di verità. Essere veri sempre: nelle parole, nei comportamenti, nei pensieri e perseguire la verità anche all’esterno di noi stessi.

ASTEYA – Astensione dal furto. Condizione di non appropriazione.

BRAHMACHARYA – Controllo della sfera sessuale. Molti traducono il termine con castità, ma più precisamente il termine indica una intelligente gestione della propria energia sessuale; indica castità nel pensiero e nel controllo degli istinti. Infatti in Patanjali non si trova l’affermazione che per seguire la via spirituale si deve rinunciare al sesso, ma che, astenendosi da esso, si dispone di energia che può essere utilizzata diversamente.

APARIGRAHA – Assenza di possessività. Condizione contraria all’avidità. Non attaccamento in parole, pensieri e azioni.

NIYAMA – Le azioni rispetto noi stessi:

SAUCA – Purezza. Condizione di trasparenza. Perseguire la purezza in pensieri, parole e azioni.

SANTOSA – Contentamento, appagamento. Condizione di accettazione, lontana dal desiderio e dal pessimismo. Gioire di quel che si ha.

TAPAS – Purificazione. Metodiche di ascesi. Tecniche yoga di purificazione fisica e mentale.

SWADHYAYA – Studio del Sé. Testi sacri, mantra e sadhana personale. Rientra nello studio del sé l’incontro con il maestro e la partecipazione a gruppi spirituali.

ISVARA-PRANIDHANA – Condizione di abbandono. Con Isvara Patanjali inserisce nel suo yoga-sutra l’aspetto del Divino. Disponibilità priva di paure e difese dalla verità. (…)

(Estratto da ANTARAYAH, discorso di Piero R. Verri al Convegno “La meditazione nelle diverse tradizioni religiose”, svoltosi a Roma il 25.06.94, organizzato dalla rivista Appunti di Viaggio.)