Mantra e suoni d’acqua

I Mantra nello yoga

Cosa sono i Mantra?

(…) I mantra sono uno strumento di evoluzione dello yoga, e non il fine. A tal merito ci illumina l’Amritanada-up.: «Dopo aver letto tutti i Libri e averli ripetutamente meditati, il Saggio, che ha scorto distintamente cos’è il supremo Brahman, li tralascia come s’abbandona la torcia quando arriva la luce. Allora salito sul carro che è la sillaba Om (…) avanza sulla carrozzabile che conduce al Cielo di Brahman; ma, giunto in fondo alla via, lascia il carro e prosegue il cammino.» (2,3)

L’India ha sviluppato una articolata scienza sui poteri del suono detta Mantra-Shastra o Mantra-Vidya di cui il Mantra è solo l’applicazione pratica.

Ogni parola della lingua sanscrita ha vari significati. Vediamo in breve quelli della parola mantra. Essa può indicare un consiglio utile, una fonte di ispirazione, una parola che ha potere (in tal caso viene usata per motivi sia materiali che spirituali), ma il significato che più interessa chi pratica Yoga è quello definito dalle due sillabe della stessa parola mantra.
Man significa mente, profonda contemplazione e anche saturare la mente. Tra significa salvare, proteggere, purificare e in tal senso il mantra è la vibrazione sonora che protegge e purifica la mente. E’ però chiaro che la recita del mantra non deve essere automatica, intendo dire che la mente deve essere concentrata e capire il mantra per viverlo; perché solo nella profonda comprensione del suo significato esso può saturare la mente purificandola, purificare il corpo ed anche il proprio karma con evidenti benefici su mente e spirito. In tal senso il mantra fa sì che tutto il proprio essere sia rivolto all’interno, allora esso diventa un veicolo per la liberazione.
Il mantra è, a seconda dei casi, una parola sacra, un suono-seme, il nome di una divinità, una vibrazione energetica , la rappresentazione fonica del Divino e di sue particolari qualità che possono svilupparsi durante la recitazione o i canti per dare beneficio al praticante.

Come si usano i Mantra?

Un bhakta, che segue lo yoga devozionale, userà il mantra visualizzando la forma divina ad esso abbinata per portarla nel proprio cuore. Egli raggiunge così il suo ideale che è quello di fondere se stesso, il mantra e la divinità nell’Uno, e ciò sappiamo essere anche lo scopo dello Yoga: unirsi con il Tutto.

Nell’Asthanga-yoga Patanjali parla solo dell’Om poiché è il mantra che contiene i suoni e le vibrazioni di tutti gli altri mantra. Recita l’Amritanada-up.: “E’ il suono per eccellenza, l’indefettibile, che sta al di là di ogni categoria: vocali o consonanti, sorde o sonore, palatali o gutturali, labiali o nasali, semiconsonanti o aspirate; ed è con esso che lo yogin discerne il cammino (…)” (24-25). L’Om compare già nel Rg-Veda e tanta è la sua potenza che ogni cerimonia legata al mondo dei Veda inizia con questo canto ripetuto tre volte (Vedere la Dispensa Brahmananda ‘Canti Devozionali Indiani’, agosto 1995, Roma).

Il mantra OM per Sri Patanjali.

C’è una bella spiegazione di Swami Venkatesananda su come Patanjali intende l’Om.

Egli dice: “benché si dica che l’Om sia il nome del Divino, in realtà esso è l’indicazione verso cui la consapevolezza muove per realizzare il Divino. Swami spiega questo concetto raccontando che anticamente, nell’India rurale, la moglie non chiamava il marito per nome e spesso anche il marito non chiamava per nome la moglie. Come ci si comportava allora se il bimbo della coppia aveva bisogno del papà mentre la mamma era occupata? Noi chiameremmo per nome il coniuge oppure diremmo al bambino: «Chiama tuo padre». Ma all’epoca la madre chiamava «Eeh! Eeh!» e il marito riconosceva il suono a lui rivolto, così è l’Om; non è il nome, ma è il nome. Intonando l’Om non usi il nome di Dio, ma Lui sa che lo stai chiamando, e questo richiamo gli giunge direttamente al cuore e Lui arriva” (Discorso tenuto in Gran Bretagna nella sede della Federazione Yoga inglese, 1980).

Questo avviene vibrando l’Om “Tasya vacakah pranavah” (I:27) e capito che l’Om è l’indicazione del Divino è facile comprendere le prime parole del sutra “Taj japas…” (I:28) che indica la sua ripetizione costante. E ancora, a completare il verso, «…tad artha bhavanam» l’esortazione alla contemplazione del suo significato (artha) che è quel qualcosa che senti e provi, cioè l’esperienza, senza inutili parole.

Nell’Jnana-yoga il mantra è l’ascolto del suono interiore al di là delle pratiche usate, volgendo semplicemente l’osservazione all’interno. Andare alla radice del pensiero percependolo come un suono non prodotto «anahata», che è la stessa parola sanscrita del chakra del cuore, è un modo di investigare che di per sé pacifica e rende ferma la mente.

Comprendiamo i mantra.

Da questa panoramica su Bhakty, Asthanga e Jnana yoga si comprende che il mantra è suono che muove dall’esterno-voce (baikhari-japa) all’interno-mente (manasik-japa), che diventa sostanza mentale insieme a colui che lo recita arrivando a sentire che tutto vive nella coscienza.

Praticamente i mantra sono per il praticante dei reali regolatori e accumulatori dell’energia cosmica. Sappiamo che ogni lettera sanscrita è abilitata a far vibrare un preciso punto dell’organismo, tale caratteristica aiuta lo yogin che svilupperà la conoscenza di quelle zone sia per fini salutari che spirituali.

Credo non sia mai troppo ricordare che il mantra per mantenere la sua efficacia deve essere trasmesso da maestro a discepolo – in una iniziazione più o meno rituale – secondo dei criteri precisi, ad esempio l’osservanza di yama e niyama, la pratica di un apposito pranayama per poter cantare i mantra. Per tale motivo l’Om, rappresentando l’Assoluto, non si può dire che sia un mantra; lo diventa se pronunciato da un maestro. Proprio perché il mantra è suono a cui si dà potere divino, se dato senza criterio perde tale potere, non è più curativo.(…)

(Estratto da ‘Mantra: Suoni per guarire’, intervento di P.R. Verri  al Convegno -Oriente e Occidente: Yoga, evoluzione e salute-promosso da Edizioni Mediterranee e Accademia Yoga e coordinato dalla Dr.ssa Paola Giovetti. Roma, 1998).